lunedì 17 novembre 2008

OFFERTE TELEFONICHE E DIRITTI DEL CONSUMATORE



Quante volte vi sarà capitato di essere contattati da operatori telefonici che propongono vantaggiose quanto imperdibili offerte telefoniche? O di ricevere a casa vari promoter di famose compagnie telefoniche proponendovi la sottoscrizione di “proposte contrattuali” così vantaggiose da richiedere una vostra immediata decisione?
Il rischio che si corre, beneficiando di tali possibilità è di ritrovarsi in mano un contratto non corrispondente a quanto ci è stato detto telefonicamente o personalmente. Per non parlare poi, di quando le attivazioni avvengono nonostante i vostri no o approfittando della vostra richiesta di ricevere semplici informazioni scritte o addirittura senza alcun contatto preventivo e senza la vostra richiesta.
E’ bene, allora conoscere quali sono i diritti del consumatore!
Innanzitutto, per attivare una linea telefonica, richiedere nuovi servizi o per cambiare gestore il sì a voce non basta, occorre il consenso scritto altrimenti il contratto è nullo. Questo è quanto ribadito dall’Autorità Garante per le comunicazioni con delibera n. 664/06 che ha precisato quanto stabilito anche nel codice del consumo (D.Lgs. 206/2005, artt. 50 e ss.) e nel codice delle comunicazioni (D.Lgs. 259/2003, artt. 70 e ss.). Ma L’Autorità ha anche introdotto importanti novità in tema di contratti stipulati a distanza, nelle diverse fasi della loro stipula (proposta-informazione-contatto-perfezionamento mediante acquisizione del consenso informato). Eccone i punti più importanti:
l'operatore deve comunicare, all'inizio di ogni conversazione, il nominativo della società per conto della quale avviene il contatto telefonico, lo scopo del contatto telefonico e il proprio nome e cognome. Al termine del contatto telefonico l’addetto deve comunicare nuovamente il nominativo della società e il proprio nome e cognome. Se il titolare dell’utenza telefonica ha manifestato la volontà di concludere il contratto, l’addetto deve altresì comunicare, al temine della conversazione, il numero identificativo della pratica e i recapiti ai quali il cliente può rivolgersi per ulteriori informazioni;
la conversazione telefonica deve essere interamente registrata;
prima o al più tardi, al momento dell’inizio dell’esecuzione del contratto concluso a distanza, il titolare dell’utenza telefonica deve ricevere un apposito modulo di conferma del contratto, contenente tutte le informazioni necessarie riguardanti l’offerta. In tal modo il consumatore ha modo di conoscere i contenuti del contratto stipulato e di opporvisi prontamente (anche tramite fax o e-mail) ove ritenga che il servizio non sia stato da lui richiesto;
nel caso di mancato pagamento di un solo servizio, la compagnia telefonica nonpuò interrompere la fornitura di tutti i servizi, ma al massimo solo di quello non saldato. In ogni caso, chi ha presentato formale reclamo contro l’addebito di un singolo bene o servizio, può sospenderne il pagamento fino alla definizione della procedura, dovendo solo gli importi che non sono oggetto di contestazione;
è fatto divieto di fornire beni o servizi di comunicazione elettronica diversi da quelli espressamente concordati; nel caso ciò avvenga, gli operatori dovranno provvedere a loro spese al ripristino delle condizioni preesistenti, mentre nessun corrispettivo potrà essere addebitato al cliente.
Le finalità di tale corposa normativa sono: “maggiore trasparenza e certezza giuridica”, indispensabili per questo tipo di contratti.

Pertanto se vi trovate di fronte a comportamenti ingiustificati da parte delle compagnie telefoniche, non dimenticate che i rimedi posti dalla legge per la vostra tutela sono innumerevoli.

Ovviamente, per conoscere quelli più adatti a risolvere la vostra situazione, meglio rivolgersi al vostro avvocato di fiducia!

lunedì 13 ottobre 2008

Il caso Petrella:cronaca di un delitto impunito!



IL FATTO:


Marina Petrella, detta “Primula rossa”, 54 anni, dal 1976 operante nella colonna romana delle Brigate Rosse, condannata all'ergastolo nel 1992, al termine del cosiddetto processo “Moro Ter”, per l’omicidio di un poliziotto ed il sequestro di un Magistrato, libera di espatriare, per gli effetti della decorrenza dei termini di custodia cautelare.


LA LATITANZA:


nel 1993 fugge in Francia, dove per l’effetto della “dottrina Mitterand”, varata nel 1985, il terrorista latitante non può essere estradato in Italia se si impegna a rinunciare alla lotta armata costruendosi una nuova vita. (Roba da far impallidire Montesquieu!).Sulla scorta di questa dottrina, parecchi brigatisti nostrani ripararono a Parigi sfuggendo, così alla giustizia italiana.Ritornando alla Petrella, dopo essersi rifugiata a Parigi, vive indisturbata fino al 2007, lavorando come assistente sociale, anno in cui la polizia francese stranamente si accorge di lei identificandola ad un normale posto di blocco stradale e finalmente arrestandola.Tale circostanza fa scattare l’inevitabile procedura per l’estradizione richiesta dal Governo italiano.Il 9 luglio 2007, il Presidente della Repubblica francese, Sarkozy, assicura pubblicamente che la "dottrina Mitterand" è superata, dichiarandosi pronto a firmare il decreto di estradizione della Petrella, subordinandolo però, alla concessione della grazia da parte delle Autorità italiane.
La Petrella, nel frattempo colta da un attacco di depressione, esce dal carcere e viene ricoverata in una casa di cura di Parigi dove afferma testuali parole:” In Italia non tornerò, potranno riavere soltanto il mio corpo”Il Governo italiano ribadisce che la brigatista deve essere estradata in base al diritto comunitario, senza condizioni, in quanto la grazia la può concedere solo il Presidente della Repubblica italiana a seguito di richiesta da parte dell’imputata, assicurando, altresì, cure adeguate per la brigatista.Senonchè l'Avv. Irene Terrel legale della Petrella, rispolvera una clausola del Trattato di Estradizione Italia-Francia del 1957 dove si prevede una opposizione al decreto di estradizione qualora ricorrano motivi umanitari (rischio di lasciarsi morire). Guarda caso da allora, la Petrella ha iniziato lo sciopero della fame e della sete.
Il resto dell'opera la completano le sorelle Carla e Valeria Bruni, mentori della causa della Petrella, convincendo il Presidente Sarkozy a disapplicare il decreto di estradizione.


IL DIRITTO COMUNITARIO VIOLATO:


La posizione della Francia in questa vicenda è del tutto arbitraria ed ingiustificabile sul piano del diritto comunitario per i seguenti punti:
1) In base al trattato di Schengen, Titolo III, lettera c ) i firmatari dell'Accordo si impegnano ad estradare tra loro le persone perseguite dalle autorità giudiziarie della parte richiedente;
2) La dottrina Mitterand, è una semplice prassi francese e non può derogare un trattato internazionale firmato dalla Francia stessa;
3) la clausola umanitaria invocata dal legale della Petrella è pretestuosa poichè la sua assistita potrebbe continuare ad essere curata in Italia, dove è previsto il rinvio dell'esecuzione della pena per malattia particolarmente grave incompatibile con la detenzione carceraria (artt. 146-147 c.p.)
CONCLUSIONI:

Si attende che il Governo italiano faccia rispettare in seno alla Corte di Giustizia europea l'Accordo di Schengen, tramite ricorso per inadempimento.Questo sia ben chiaro, non per spirito di rivalsa ma per garantire, seppur a 30 anni di distanza, un barlume di giustizia ai parenti di tutte quelle vittime che il terrorismo ha falciato negli anni’70 , i quali dalla legge devono essere tutelati e non irrisi.

domenica 12 ottobre 2008

CARCERI AL COLLASSO: 56.768 DETENUTI!


Hanno superato la soglia di 56.000 i detenuti delle carceri italiane, e oltre 9.000 sono rappresentati da coloro che sono tornati dietro le sbarre dopo aver beneficiato dell'indulto. A fornire l'ultima fotografia della popolazione carceraria è il Corpo di polizia penitenziaria, in occasione della propria festa nazionale che sarà celebrata mercoledì prossimo. In base alle cifre aggiornate al 30 settembre scorso, i detenuti presenti negli istituti penitenziari per adulti sono 56.768.


-Le donne rappresentano una minoranza: sono appena 2.548.


-Per quanto riguarda invece gli effetti dell'indulto, i dati si riferiscono al 15 luglio scorso: a quella data i detenuti che hanno beneficiato del provvedimento di clemenza sono stati 27.472, mentre i rientri sono stati pari a 9.875.

mercoledì 1 ottobre 2008

la Cassazione insiste: ai figli legittimi il cognome della madre.

I giudici della Cassazione insistono e ripetono quello che già da alcuni anni affermano nelle loro sentenze: è possibile dare il cognome della madre ai figli legittimi, se c’è piena concordia dei genitori. L’ultima affermazione in questo senso, resa nota il 23 settemmbre u.s., si riferisce alla I sezione civile della Suprema Corte che con l’ordinanza n.23934, ha chiesto la valutazione di un caso «alla luce della mutata situazione della giurisprudenza costituzionale e del probabile mutamento delle norme comunitarie» o di investirne di nuovo la Corte Costituzionale. Le parole della Corte si riferiscono alla vicenda di due genitori che, in totale accordo, chiedono di attribuire al proprio figlio il cognome della madre al posto di quello del padre scritto nell’atto di nascita. Il tribunale e la Corte d’appello di Milano avevano respinto la richiesta. E allora i giudici della Cassazione rispondono ricordando che oggi, dopo la ratifica del trattato di Lisbona (in cui, tra le altre cose, si afferma il diritto al rispetto della vita privata e familiare e la parità tra uomini e donne, nonchè ogni discriminazione fondata sul sesso) «si dovrebbe aprire la strada all’applicazione diretta delle norme del trattato stesso e di quelle alle quali il trattato fa rinvio e, comunque, al controllo di costituzionalità che, anche nei rapporti tra diritto interno e diritto comunitario, non può essere escluso». Già nel 2004 i giudici della Cassazione tentarono di scardinare il predominio del cognome ereditato dal padre chiamando la Consulta a mettere fuori legge le norme che, automaticamente, prevedono l’attribuzione del cognome del padre ai figli legittimi. Ma i giudici costituzionali se ne lavarono le mani dicendo che il compito spetta al legislatore. Allora, nel 2006, gli ermellini si appellarono al Parlamento affinchè si decidesse a togliere i veti al cognome materno. Intanto, però, diedero il «via libera» perchè ai figli naturali possa rimanere il cognome materno qualora il padre non li abbia riconosciuti alla nascita. Nella sentenza numero 12641 della I sezione civile, i giudici avevano respinto la richiesta di Francesco T, l'uomo che aveva riconosciuto il figlio a distanza di quasi 10 anni dalla nascita dello stesso.Il Parlamento però non ha partorito molto di più che una proposta di legge da quando si è insediato. legislatura.
La pronuncia della Suprema Corte mette a serio rischio la stabilità della famiglia tradizionale, minacciata prima dai PACS, poi dai DICO ed ora dal principio che tenta di scardinare l'eredità del cognome paterno.
La parola definitiva spetta comunque al Parlamento, il quale dovrà predisporre una legge ad hoc.
Per ora solo Rocco Buttiglione, presidente dell’Udc, si è schierato apertamente contro: «Gli ermellini della Cassazione farebbero meglio ad occuparsi della giusta, corretta e rapida applicazione della legge vigente invece di arrogarsi la prerogativa di fare leggi nuove usurpando i diritti del Parlamento». Pienamente favorevoli a una legge da discutere in Parlamento invece Rosy Bindi che ha firmato il progetto di legge della scorsa legislatura, Vittoria Franco del Pd, Donatella Poretti dei Radicali.

giovedì 11 settembre 2008

Disegno di Legge recante misure contro la prostituzione




Consiglio dei Ministri dell’11-09-2008
Dopo il via libera nella riunione del pre-consiglio, questa mattina c'è stato l'assenso del Consiglio dei Ministri al disegno di legge ''misure contro la prostituzione'' a firma del ministro per le Pari Opportunita' Mara Carfagna .
Occorre premettere che il codice penale italiano vigente, agli artt. 600 e seguenti punisce chi sfrutta la prostituzione e non chi la pratica.
Alla luce di quanto detto sopra, si precisa che il ddl de quo non introduce nell'ordinamento il reato di prostituzione, ma semplicemente il divieto di prostituirsi per strada!
In definitiva, prostituirsi continuerà ad essere lecito, purchè si eserciti il "mestiere" privatamente.
Che cosa poi debba intendersi, per privato, non è dato saperlo.
Ecco, il punto "debole" di questo ddl, sta proprio nel non disciplinare la "prostituzione lecita" (modalità, forme e luoghi), rischiando di lasciare ai gestori del racket, ancora una volta, campo libero...
Le nuove norme prevedono una doppia tipologia di trasgressori:
a) Le prostitute;
b) i clienti;
con la previsione di sanzioni, che possono arrivare anche all'arresto, da 5 a 15 gg, oltre che un'ammenda, da 200 euro a 3.000 euro.
Pene di gran lunga più severe, invece, per chi sfrutta le baby prostitute (minori anni 18).
E' previsto, infatti il carcere da 6 a 12 anni e multe da 15.000 a 150.000 euro, mentre per le minori, si ricorrera' anche al rimpatrio assistito.

giovedì 4 settembre 2008

Il Matrimonio nel diritto canonico



1) excursus storico
Con il concilio Lateranense IV nel 1215, la Chiesa cattolica regolamentò ufficialmente il matrimonio per la prima volta:
impose l'uso delle pubblicazioni (per evitare i matrimoni clandestini)
fu istituito il matrimonio come sacramento
per evitare i divorzi il matrimonio fu legalmente reso indissolubile, salvo per morte di uno dei due coniugi
fu richiesto il consenso libero e pubblico degli sposi, da dichiarare a viva voce in un luogo aperto (contro i ratti e le unioni combinate)
fu imposta un'età minima per gli sposi (per evitare il matrimonio di bambini, e in particolare di ragazze molto giovani),
fu regolamentato l'annullamento del matrimonio, in caso di violenze sulla persona, rapimento, non consumazione, matrimonio clandestino, etc.
Tale concilio fissò delle regole largamente riprese in seguito nel matrimonio civile, istituito in Francia nel 1791 durante la rivoluzione francese.
Il concilio di Trento rinforzò la regolamentazione: il matrimonio deve essere celebrato davanti ad un parroco e dei testimoni, gli sposi devono firmare un registro, fu vietata anche la coabitazione al di fuori del matrimonio, per evitare il concubinaggio e i figli illegittimi.
2) Il sacramento del matrimonio oggi:
Per vivere pienamente l'amore, la Chiesa cattolica richiede quattro "pilastri":
la libertà: ognuno dei fidanzati deve essere pienamente libero al momento del suo matrimonio
la fedeltà: si promettono fedeltà e questa promessa è fonte di reciproco affidamento
l'indissolubilità: si sposano per tutta la vita, poiché il matrimonio crea un legame sacro tra gli sposi
la fecondità: accettano di essere aperti alla vita e di accogliere con amore i figli che metteranno al mondo.
3) Scioglimento del matrimonio
A) Annullamento
In alcuni casi ai cattolici può venire concesso un annullamento. Esso non consiste in una specie di divorzio religioso, in quanto la chiesa cattolica considera il matrimonio come indissolubile, ma nel constatare da parte della legittima autorità canonica costituita (tribunale) che il matrimonio non è mai esistito, in quanto mancavano quelle che la chiesa cattolica ritiene condizioni essenziali perché si possa celebrare una matrimonio valido: ad esempio, uno o entrambi i coniugi negavano in partenza qualcuna delle proprietà essenziali del matrimonio (esempi: indissolubilità, unicità, procreazione), oppure uno o entrambi dei coniugi non erano in grado per qualche motivo di assumersi tutte le responsabilità e i doveri legati al contrarre matrimonio (esempi: immaturità psicologica o affettiva; incapacità di intendere e di volere; mancanza di libertà, costrizione da parte dei genitori.
Con l'annullamento, religione e stato spesso applicano regole differenti, nel senso che una coppia, ad esempio, potrebbe ricevere un divorzio dallo stato ma non avere il matrimonio annullato dalla chiesa cattolica, perché lo stato non è d'accordo con la chiesa sul fatto che l'annullamento possa essere concesso in un particolare caso. Ciò produce il fenomeno dei cattolici che ottengono l'annullamento dalla chiesa simultaneamente al divorzio concesso dallo stato, permettendo all'ex coniuge di sposare un'altra persona sia per la chiesa che per lo stato.
Lo scioglimento del matrimonio religioso ha effetto immediato dopo la sentenza del tribunale canonico.
Giovanni Paolo II richiamò l'avvocatura rotale perchè il 90% delle richieste di annullamento venivano accolte.
B) Proibizione del divorzio
Lo scioglimento del matrimonio religioso con l'istituto del divorzio non è permesso: la Chiesa dichiara che ciò che Dio unisce, l'uomo non può dividere. Di conseguenza le persone che ottengono un divorzio civile sono ancora considerate sposate agli occhi della Chiesa Cattolica, che non consente loro di celebrare un nuovo matrimonio religioso, anche se possono contrarre un matrimonio civile.

mercoledì 3 settembre 2008

Stop alle telefonate promozionali selvagge


Duro colpo inferto dal Garante della privacy al marketing selvaggio e alle telefonate promozionali indesiderate. L’Autorità, con alcuni provvedimenti di cui è stato relatore Mauro Paissan, ha vietato ad alcune società specializzate nella creazione e nella vendita di banche dati (Ammiro Partners, Consodata e Telextra), l’ulteriore trattamento di dati personali di milioni di utenti.

I dati, nello specifico numeri telefonici, erano stati raccolti e utilizzati illecitamente, senza cioè aver informato gli interessati e senza che questi avessero fornito uno specifico consenso alla cessione delle loro informazioni personali ad altre società.

Il divieto è scattato anche per altre aziende, come Wind, Fastweb, Tiscali e Sky, che hanno acquistato da queste società i data base allo scopo di poter contattare gli utenti e promuovere i loro prodotti e servizi tramite call center.

“Se qualcuno vuole entrare in casa nostra – commenta Paissan – deve bussare.

Così, se qualcuno vuole chiamarci per vendere un prodotto o un servizio, deve avere il nostro consenso per usare il nostro numero telefonico.

Il Garante vuole difendere i cittadini che si sentono molestati da telefonate non desiderate. In questo modo si tutelano anche gli operatori di telemarketing che si comportano correttamente”.

Ai provvedimenti inibitori si è giunti dopo ripetuti richiami e ispezioni, effettuate sia presso le società che avevano formato i data base e venduto i dati sia presso operatori telefonici e aziende che li avevano acquistati e i call center che contattavano gli utenti. Numerosi sono stati gli abbonati che hanno segnalato al Garante la ricezione di chiamate promozionali indesiderate effettuate da e per conto di diversi operatori telefonici o aziende che promuovevano beni o servizi.

Dalle verifiche effettuate presso le società che hanno fornito i data base è emerso che i dati degli utenti erano stati raccolti e ceduti a terzi senza informare gli interessati, o informandoli in maniera inadeguata, e senza un loro preventivo specifico consenso. Una delle società, peraltro, offriva sul proprio sito i dati di oltre 15 milioni di famiglie italiane suddivise per redditi e stili di vita, senza che gli interessati fossero stati informati o avessero dato il loro assenso alla comunicazione dei dati a terzi.

Da parte loro le aziende e le compagnie telefoniche che hanno acquistato i dati e li hanno utilizzati a fini di marketing telefonico (il cosiddetto teleselling), non si sono preoccupate di accertare, come prevede invece la disciplina sulla protezione dei dati, che gli abbonati avessero acconsentito alla comunicazione dei propri dati e al loro uso a fini commerciali.

La mancata inosservanza del divieto dell’Autorità espone anche a sanzioni penali

martedì 26 agosto 2008

Poteri speciali ai Sindaci


Decreto Ministero dell' Interno, 05.08.2008. G.U. 09.08.2008



La ratio del Decreto del Ministero dell'Interno 5-08-2008, può essere condensata nella seguente massima: "Poteri speciali ai Sindaci in materia di sicurezza urbana ed incolumità pubblica, al fine di garantire un maggiore e più stringente controllo del territorio soggiogato a situazioni di incuria e inciviltà non più sostenibili da parte della comunità".

I caratteri di questa norma sono i seguenti:

Prevenzione-Contrasto della Criminalità- Celerità nell'intervento repressivo e sanzionatorio.
Infatti, con questo provvedimento i Sindaci vedranno ampliati i loro poteri di intervento, prevenzione e contrasto, un ruolo da protagonisti, in sinergia con i prefetti e la polizia, per garantire la sicurezza sul territorio, relativamente alle situazioni urbane di degrado quali:

1) lo spaccio di stupefacenti;

2) lo sfruttamento della prostituzione;

3) l'accattonaggio ed i fenomeni di violenza legati all'abuso di alcool;

4) le situazioni di danneggiamento al patrimonio pubblico e privato;

5) l'incuria, il degrado e l'occupazione abusiva di immobili;

6) l'abusivismo commerciale e l'illecita occupazione di suolo pubblico;

7) i comportamenti, come la prostituzione in strada e l'accattonaggio molesto che offendono la pubblica decenza e turbano gravemente l'utilizzo di spazi pubblici;

A tale scopo, a settembre sarà firmato un protocollo di intesa con l'Associazione Nazionale Comuni Italiani, per utilizzare il fondo 2009 di 100 milioni di euro per finanziare gli interventi sulla sicurezza urbana.

*** * ***

Di seguito si riporta il Testo del Decreto


IL MINISTRO DELL'INTERNO
Visto il decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante «Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica» convertito, con modificazioni, in legge 24 luglio 2008, n. 125;Visto l'art. 54 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, come sostituito dall'art. 6 del citato decreto-legge, recante attribuzioni del sindaco nelle funzioni di competenza statale, e, in particolare, il comma 1 che disciplina i compiti del sindaco in materia di ordine e sicurezza pubblica e il comma 4 che prevede il potere del sindaco di adottare provvedimenti anche contingibili e urgenti nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumita' pubblica e la sicurezza urbana;Visto il comma 4-bis, del medesimo art. 54 per il quale «con decreto del Ministro dell'interno e' disciplinato l'ambito di applicazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 4 anche con riferimento alle definizioni relative alla incolumita' pubblica e alla sicurezza urbana»;Tenuto conto che la tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, ad esclusione della polizia amministrativa locale - come sancito all'art. 117, comma 2, lettera h), della Costituzione - e' riservata alla competenza esclusiva dello Stato, al fine di assicurare uniformita' su tutto il territorio nazionale dei livelli essenziali di prestazioni concernenti i diritti civili e sociali fondamentali;Sentita la Conferenza Stato-citta' e autonomie locali, di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
Decreta:
Art. 1.
Incolumita' pubblica e sicurezza urbana

Ai fini di cui all'art. 54, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, in legge 24 luglio 2008, n. 125, per incolumita' pubblica si intende l'integrita' fisica della popolazione e per sicurezza urbana un bene pubblico da tutelare attraverso attivita' poste a difesa, nell'ambito delle comunita' locali. del rispetto delle norme che regolano la vita civile, per migliorare le condizioni di vivibilita' nei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale.
Art. 2.
Interventi del sindaco

Ai sensi di quanto disposto dall'art. 1, il sindaco interviene per prevenire e contrastare:

a) le situazioni urbane di degrado o di isolamento che favoriscono l'insorgere di fenomeni criminosi, quali lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, l'accattonaggio con impiego di minori e disabili e i fenomeni di violenza legati anche all'abuso di alcool;

b) le situazioni in cui si verificano comportamenti quali il danneggiamento al patrimonio pubblico e privato o che ne impediscono la fruibilita' e determinano lo scadimento della qualita' urbana;

c) l'incuria, il degrado e l'occupazione abusiva di immobili tali da favorire le situazioni indicate ai punti a) e b);

d) le situazioni che costituiscono intralcio alla pubblica viabilita' o che alterano il decoro urbano, in particolare quelle di abusivismo commerciale e di illecita occupazione di suolo pubblico;e) i comportamenti che, come la prostituzione su strada o l'accattonaggio molesto, possono offendere la pubblica decenza anche per le modalita' con cui si manifestano, ovvero turbano gravemente il libero utilizzo degli spazi pubblici o la fruizione cui sono destinati o che rendono difficoltoso o pericoloso l'accesso ad essi.

Roma, 5 agosto 2008
Il Ministro: Maroni

sabato 16 agosto 2008

Le nuove norme in materia di sicurezza


Legge 24 luglio 2008, n. 125
"Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica"
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 173 del 25 luglio 2008


Art. 1.Modifiche al codice penale
1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 235 e' sostituito dal seguente: «Art. 235 (Espulsione od allontanamento dello straniero dallo Stato). - Il giudice ordina l'espulsione dello straniero ovvero l'allontanamento dal territorio dello Stato del cittadino appartenente ad uno Stato membro dell'Unione europea, oltre che nei casi espressamente preveduti dalla legge, quando lo straniero o il cittadino appartenente ad uno Stato membro dell'Unione europea sia condannato alla reclusione per un tempo superiore ai due anni.
Ferme restando le disposizioni in materia di esecuzione delle misure di sicurezza personali, l'espulsione e l'allontanamento dal territorio dello Stato sono eseguiti dal questore secondo le modalita' di cui, rispettivamente, all'articolo 13, comma 4, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e all'articolo 20, comma 11, del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30.
Il trasgressore dell'ordine di espulsione od allontanamento pronunciato dal giudice e' punito con la reclusione da uno a quattro anni. In tal caso e' obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto, anche fuori dei casi di flagranza, e si procede con rito direttissimo»;

b) l'articolo 312 e' sostituito dal seguente:«Art. 312 (Espulsione od allontanamento dello straniero dallo Stato). - Il giudice ordina l'espulsione dello straniero ovvero l'allontanamento dal territorio dello Stato del cittadino appartenente ad uno Stato membro dell'Unione europea, oltre che nei casi espressamente preveduti dalla legge, quando lo straniero o il cittadino appartenente ad uno Stato membro dell'Unione europea sia condannato ad una pena restrittiva della liberta' personale per taluno dei delitti preveduti da questo titolo. Ferme restando le disposizioni in materia di esecuzione delle misure di sicurezza personali, l'espulsione e l'allontanamento dal territorio dello Stato sono eseguiti dal questore secondo le modalita' di cui, rispettivamente, all'articolo 13, comma 4, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e all'articolo 20, comma 11, del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30.».
Il trasgressore dell'ordine di espulsione od allontanamento pronunciato dal giudice e' punito con la reclusione da uno a quattro anni. In tal caso e' obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto, anche fuori dei casi di flagranza, e si procede con rito direttissimo»;

«b-bis) all'articolo 416-bis, sono apportate le seguenti modificazioni:

1) al primo comma, le parole: «da cinque a dieci anni» sono sostituite dalle seguenti: «da sette a dodici anni»;2) al secondo comma, le parole: «da sette a dodici anni» sono sostituite dalle seguenti: «da nove a quattordici anni»;3) al quarto comma, le parole: «da sette» sono sostituite dalle seguenti: «da nove» e le parole: «da dieci» sono sostituite dalle seguenti: «da dodici».4) all'ottavo comma, dopo le parole: «comunque localmente denominate,» sono inserite le seguenti: «anche straniere,»;5) la rubrica e' sostituita dalla seguente: «Associazioni di tipo mafioso anche straniere»

b-ter) l'articolo 495 e' sostituito dal seguente:

«Art. 495 (Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identita' o su qualita' personali proprie o di altri). - Chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale l'identita', lo stato o altre qualita' della propria o dell'altrui persona e' punito con la reclusione da uno a sei anni. La reclusione non e' inferiore a due anni:1) se si tratta di dichiarazioni in atti dello stato civile; 2) se la falsa dichiarazione sulla propria identita', sul proprio stato o sulle proprie qualita' personali e' resa all'autorita' giudiziaria da un imputato o da una persona sottoposta ad indagini, ovvero se, per effetto della falsa dichiarazione, nel casellario giudiziale una decisione penale viene iscritta sotto falso nome»;

b-quater) dopo l'articolo 495-bis, e' inserito il seguente:

«Art. 495-ter (Fraudolente alterazioni per impedire l'identificazione o l'accertamento di qualita' personali). - Chiunque, al fine di impedire la propria o altrui identificazione, altera parti del proprio o dell'altrui corpo utili per consentire l'accertamento di identita' o di altre qualita' personali, e' punito con la reclusione da uno a sei anni.Il fatto e' aggravato se commesso nell'esercizio di una professione sanitaria»;

b-quinquies) l'articolo 496 e' sostituito dal seguente:«Art. 496 (False dichiarazioni sulla identita' o su qualita' personali proprie o di altri). - Chiunque, fuori dei casi indicati negli articoli precedenti, interrogato sulla identita', sullo stato o su altre qualita' della propria o dell'altrui persona, fa mendaci dichiarazioni a un pubblico ufficiale o a persona incaricata di un pubblico servizio, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni».
«b-sexies) all'articolo 576, primo comma, e' aggiunto il seguente numero:

"5-bis) contro un ufficiale o agente di polizia giudiziaria, ovvero un ufficiale o agente di pubblica sicurezza, nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio"».
c) all'articolo 589 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) al secondo comma, la parola: «cinque» e' sostituita dalla seguente: «sette»; 2) dopo il secondo comma, e' inserito il seguente:«Si applica la pena della reclusione da tre a dieci anni se il fatto e' commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale da:1) soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni;2) soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope.»;3) al terzo comma, le parole: «anni dodici» sono sostituite dalle seguenti: «anni quindici»;

c-bis) all'articolo 157, sesto comma, le parole: «589, secondo e terzo comma», sono sostituite dalle seguenti: «589, secondo, terzo e quarto comma».

d) al terzo comma dell'articolo 590, e' aggiunto il seguente periodo:«Nei casi di violazione delle norme sulla circolazione stradale, se il fatto e' commesso da soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, ovvero da soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope, la pena per le lesioni gravi e' della reclusione da sei mesi a due anni e la pena per le lesioni gravissime e' della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni»;

e) dopo l'articolo 590 e' inserito il seguente:«Art. 590-bis (Computo delle circostanze). - Quando ricorre la circostanza di cui all'art. 589, terzo comma, ovvero quella di cui all'articolo 590, terzo comma, ultimo periodo, le concorrenti circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni si operano sulla quantita' di pena determinata ai sensi delle predette circostanze aggravanti.»;

f) all'articolo 61, primo comma, dopo il numero 11 e' aggiunto il seguente:«11-bis. l'avere il colpevole commesso il fatto mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale.»:

«f-bis» all'articolo 62-bis, dopo il secondo comma, e' aggiunto il seguente:«In ogni caso, l'assenza di precedenti condanne per altri reati a carico del condannato non puo` essere, per cio' solo, posta a fondamento della concessione delle circostanze di cui al primo comma.».
Art. 2.Modifiche al codice di procedura penale
1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:«0a) all'articolo 51:1) al comma 3-ter, dopo le parole: «Nei casi previsti dal comma 3-bis» sono inserite le seguenti: «e dai commi 3-quater e 3-quinquies»;2) al comma 3-quater, il secondo periodo e' soppresso;Ob) all'articolo 328:1) al comma 1-bis le parole: «comma 3-bis» sono sostituite dalle seguenti: «commi 3-bis e 3-quater»;2) il comma 1-ter e' abrogato;3) e' aggiunto, in fine, il seguente comma:1-quater. Quando si tratta di procedimenti per i delitti indicati nell'articolo 51, comma 3-quinquies, le funzioni di giudice per le indagini preliminari e le funzioni di giudice per l'udienza preliminare sono esercitate, salve specifiche disposizioni di legge, da un magistrato del tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente»;». )a) all'articolo 260, dopo il comma 3 sono aggiunti i seguenti:«3-bis. L'autorita' giudiziaria procede, altresi', anche su richiesta dell'organo accertatore, alla distruzione delle merci di cui sono comunque vietati la fabbricazione, il possesso, la detenzione o la commercializzazione quando le stesse sono di difficile custodia, ovvero quando la custodia risulta particolarmente onerosa o pericolosa per la sicurezza, la salute o l'igiene pubblica ovvero quando, anche all'esito di accertamenti compiuti ai sensi dell'articolo 360, risulti evidente la violazione dei predetti divieti. L'autorita' giudiziaria dispone il prelievo di uno o piu' campioni con l'osservanza delle formalita' di cui all'articolo 364 e ordina la distruzione della merce residua.
3-ter. Nei casi di sequestro nei procedimenti a carico di ignoti, la polizia giudiziaria, decorso il termine di tre mesi dalla data di effettuazione del sequestro, puo' procedere alla distruzione delle merci contraffatte sequestrate, previa comunicazione all'autorita' giudiziaria. La distruzione puo' avvenire dopo 15 giorni dalla comunicazione salva diversa decisione dell'autorita' giudiziaria. E' fatta salva la facolta' di conservazione di campioni da utilizzare a fini giudiziari.»;«a-bis) nella rubrica dell'articolo 260 sono aggiunte le seguenti parole: «. Distruzione di cose sequestrate"». b) al comma 1 dell'articolo 371-bis, dopo le parole:«nell'articolo 51, comma 3-bis» sono inserire le seguenti: «e in relazione ai procedimenti di prevenzione antimafia»; b-bis) all'articolo 381, comma 2, sono aggiunte, in fine, le seguenti lettere:"m-ter) falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identita' o su qualita' personali proprie o di altri, prevista dall'articolo 495 del codice penale;m-quater) fraudolente alterazioni per impedire l'identificazione o l'accertamento di qualita' personali, previste dall'articolo 495-ter del codice penale»; c) il comma 4 dell'articolo 449 e' sostituito dal seguente:«4. Il pubblico ministero, quando l'arresto in flagranza e' gia' stato convalidato, procede al giudizio direttissimo presentando l'imputato in udienza non oltre il trentesimo giorno dall'arresto, salvo che cio' pregiudichi gravemente le indagini.»;d) al comma 5 dell'articolo 449, il primo periodo e' sostituito dal seguente: «Il pubblico ministero procede inoltre al giudizio direttissimo, salvo che cio' pregiudichi gravemente le indagini, nei confronti della persona che nel corso dell'interrogatorio ha reso confessione.». Al medesimo comma 5 dell'articolo 449, al secondo periodo, la parola «quindicesimo» e' sostituita dalla seguente: «trentesimo»; e) al comma 1 dell'articolo 450, le parole: «Se ritiene di procedere a giudizio direttissimo,» sono sostituite dalle seguenti: «Quando procede a giudizio direttissimo,»;f) al comma 1 dell'articolo 453, le parole: «il pubblico ministero puo' chiedere», sono sostituite dalle seguenti «salvo che cio' pregiudichi gravemente le indagini, il pubblico ministero chiede»;g) all'articolo 453, dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti:«1-bis. Il pubblico ministero richiede il giudizio immediato, anche fuori dai termini di cui all'articolo 454, comma 1, e comunque entro centottanta giorni dall'esecuzione della misura, per il reato in relazione al quale la persona sottoposta alle indagini si trova in stato di custodia cautelare, salvo che la richiesta pregiudichi gravemente le indagini.
1-ter. La richiesta di cui al comma 1-bis e' formulata dopo la definizione del procedimento di cui all'articolo 309, ovvero dopo il decorso dei termini per la proposizione della richiesta di riesame.»; h) all'articolo 455, dopo il comma 1 e' aggiunto il seguente:«1-bis. Nei casi di cui all'articolo 453, comma 1-bis, il giudice rigetta la richiesta se l'ordinanza che dispone la custodia cautelare e' stata revocata o annullata per sopravvenuta insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.»;i) all'articolo 599, i commi 4 e 5 sono abrogati;l) all'articolo 602, il comma 2 e' abrogato;m) all'articolo 656, comma 9, lettera a), dopo le parole: «della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni,» sono inserite le seguenti: «nonche' di cui agli articoli 423-bis, 624, quando ricorrono due o piu' circostanze tra quelle indicate dall'articolo 625, 624-bis del codice penale, e per i delitti in cui ricorre l'aggravante di cui all'articolo 61, primo comma, numero 11-bis), del medesimo codice,». )
Art. 2-bis.Modifiche alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.
1. L'articolo 132-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e' sostituito dal seguente:«Art. 132-bis (Formazione dei ruoli di udienza e trattazione dei processi). - 1. Nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi e' assicurata la priorita' assoluta:a) ai processi relativi ai delitti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice e ai delitti di criminalita' organizzata, anche terroristica;b) ai processi relativi ai delitti commessi in violazione delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all'igiene sul lavoro e delle norme in materia di circolazione stradale, ai delitti di cui al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonche' ai delitti puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni;c) ai processi a carico di imputati detenuti, anche per reato diverso da quello per cui si procede;d) ai processi nei quali l'imputato e' stato sottoposto ad arresto o a fermo di indiziato di delitto, ovvero a misura cautelare personale, anche revocata o la cui efficacia sia cessata;e) ai processi nei quali e' contestata la recidiva, ai sensi dell'articolo 99, quarto comma, del codice penale;f) ai processi da celebrare con giudizio direttissimo e con giudizio immediato. 2. I dirigenti degli uffici giudicanti adottano i provvedimenti organizzativi necessari per assicurare la rapida definizione dei processi per i quali e' prevista la trattazione prioritaria.».
Art. 2-ter.Misure per assicurare la rapida definizione dei processi relativi a reati per i quali e' prevista la trattazione prioritaria
1. Al fine di assicurare la rapida definizione dei processi pendenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, per i quali e' prevista la trattazione prioritaria, nei provvedimenti adottati ai sensi del comma 2 dell'articolo 132-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, come sostituito dall'articolo 2-bis del presente decreto, i dirigenti degli uffici possono individuare i criteri e le modalita' di rinvio della trattazione dei processi per reati commessi fino al 2 maggio 2006 in ordine ai quali ricorrono le condizioni per l'applicazione dell'indulto, ai sensi della legge 31 luglio 2006, n. 241, e la pena eventualmente da infliggere puo' essere contenuta nei limiti di cui all'articolo 1, comma 1, della predetta legge n. 241 del 2006. Nell'individuazione dei criteri di rinvio di cui al presente comma i dirigenti degli uffici tengono, altresi', conto della gravita' e della concreta offensivita' del reato, del pregiudizio che puo' derivare dal ritardo per la formazione della prova e per l'accertamento dei fatti, nonche' dell'interesse della persona offesa.
2. Il rinvio della trattazione del processo non puo' avere durata superiore a diciotto mesi e il termine di prescrizione del reato rimane sospeso per tutta la durata del rinvio.
3. Il rinvio non puo' essere disposto se l'imputato si oppone ovvero se e' gia' stato dichiarato chiuso il dibattimento.
4. I provvedimenti di cui al comma 1 sono tempestivamente comunicati al Consiglio superiore della magistratura. Il Consiglio superiore della magistratura e il Ministro della giustizia valutano gli effetti dei provvedimenti adottati dai dirigenti degli uffici sull'organizzazione e sul funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, nonche' sulla trattazione prioritaria e sulla durata dei processi. In sede di comunicazioni sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, il Ministro della giustizia riferisce alle Camere le valutazioni effettuate ai sensi del presente comma.
5. La parte civile costituita puo' trasferire l'azione in sede civile. In tal caso, i termini per comparire, di cui all'articolo 163-bis del codice di procedura civile, sono abbreviati fino alla meta' e il giudice fissa l'ordine di trattazione delle cause dando precedenza al processo relativo all'azione trasferita. Non si applica la disposizione dell'articolo 75, comma 3, del codice di procedura penale.
6. Nel corso dei processi di primo grado relativi ai reati in ordine ai quali, in caso di condanna, deve trovare applicazione la legge 31 luglio 2006, n. 241, l'imputato o il suo difensore munito di procura speciale e il pubblico ministero, se ritengono che la pena possa essere contenuta nei limiti di cui all'articolo 1, comma 1, della medesima legge n. 241 del 2006, nella prima udienza successiva alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto possono formulare richiesta di applicazione della pena ai sensi degli articoli 444 e seguenti del codice di procedura penale, anche se risulti decorso il termine previsto dall'articolo 446, comma 1, del medesimo codice di procedura penale.
7. La richiesta di cui al comma 6 puo' essere formulata anche quando sia gia' stata in precedenza presentata altra richiesta di applicazione della pena, ma vi sia stato il dissenso da parte del pubblico ministero ovvero la stessa sia stata rigettata dal giudice, sempre che la nuova richiesta non costituisca mera riproposizione della precedente.
Art. 3.Modifiche al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274
1. All'articolo 4, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, dopo le parole: «derivi una malattia di durata superiore a venti giorni» sono inserite le seguenti: «, nonche' ad esclusione delle fattispecie di cui all'articolo 590, terzo comma, quando si tratta di fatto commesso da soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, ovvero da soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope,».
Art. 4.Modifiche al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 e successive modificazioni
01. Alla tabella allegata all'articolo 126-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, al capoverso «art. 187» le parole: «commi 7 e 8» sono sostituite dalle seguenti: «commi 1 e 8»
1. All'articolo 186 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:a) al comma 2, lettera b), le parole: «l'arresto fino a tre mesi» sono sostituite dalle seguenti: «l'arresto fino a sei mesi»;b) al comma 2, lettera c), le parole: «l'arresto fino a sei mesi» sono sostituite dalle seguenti: «l'arresto da tre mesi ad un anno» e sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Con la sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena a richiesta delle parti, anche se e' stata applicata la sospensione condizionale della pena, e' sempre disposta la confisca del veicolo con il quale e' stato commesso il reato ai sensi dell'articolo 240, secondo comma, del codice penale, salvo che il veicolo stesso appartenga a persona estranea al reato. Il veicolo sottoposto a sequestro puo' essere affidato in custodia al trasgressore, salvo che risulti che abbia commesso in precedenza altre violazioni della disposizione di cui alla presente lettera. La procedura di cui ai due periodi precedenti si applica anche nel caso di cui al comma 2-bis.»;«b-bis) il comma 2-bis e' sostituito dal seguente:"2-bis. Se il conducente in stato di ebbrezza provoca un incidente stradale, le pene di cui al comma 2 sono raddoppiate e, fatto salvo quanto previsto dalla lettera c) del medesimo comma 2, e' disposto il fermo amministrativo del veicolo per novanta giorni ai sensi del Capo I, sezione II, del titolo VI, salvo che il veicolo appartenga a persona estranea al reato. E' fatta salva in ogni caso l'applicazione delle sanzioni accessorie previste dagli articoli 222 e 223»; c) dopo il comma 2-quater e' inserito il seguente:«2-quinquies. Salvo che non sia disposto il sequestro ai sensi del comma 2, il veicolo, qualora non possa essere guidato da altra persona idonea, puo' essere fatto trasportare fino al luogo indicato dall'interessato o fino alla piu' vicina autorimessa e lasciato in consegna al proprietario o al gestore di essa con le normali garanzie per la custodia. Le spese per il recupero ed il trasporto sono interamente a carico del trasgressore.»;d) al comma 7, il primo e il secondo periodo sono sostituiti dal seguente:«Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, in caso di rifiuto dell'accertamento di cui ai commi 3, 4 o 5, il conducente e' punito con le pene di cui al comma 2, lettera c);e) al comma 7, il terzo periodo e' sostituito dal seguente: «La condanna per il reato di cui al periodo che precede comporta la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un periodo da sei mesi a due anni e della confisca del veicolo con le stesse modalita' e procedure previste dal comma 2, lettera c), salvo che il veicolo appartenga a persona estranea alla violazione»; f) al comma 7, quinto periodo, le parole: «Quando lo stesso soggetto compie piu' violazioni nel corso di un biennio,», sono sostituite dalle seguenti: «Se il fatto e' commesso da soggetto gia' condannato nei due anni precedenti per il medesimo reato,».
2. Al comma 1 dell'articolo 187 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, sono apportate le seguenti modificazioni:a) le parole: «e' punito con l'ammenda da euro 1000 a euro 4000 e l'arresto fino a tre mesi», sono sostituite dalle seguenti: «e' punito con l'ammenda da euro 1.500 a euro 6.000 e l'arresto da tre mesi ad un anno»;b) alla fine e' aggiunto il seguente periodo: «Si applicano le disposizioni dell'articolo 186, comma 2, lettera c), quinto e sesto periodo, nonche' quelle di cui al comma 2-quinquies del medesimo articolo 186.».
2-bis. All'articolo 187, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, le parole: «ed e' disposto il fermo amministrativo del veicolo per novanta giorni ai sensi del capo I, sezione II, del titolo VI,» sono sostituite dalle seguenti: «e si applicano le disposizioni dell'ultimo periodo del comma 1,».
3. All'articolo 189 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modifiche:a) al comma 6, le parole: «da tre mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da sei mesi a tre anni»;b) al comma 7, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da un anno a tre anni».
4. All'articolo 222, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Se il fatto di cui al terzo periodo e' commesso da soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera c), ovvero da soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope, il giudice applica la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente.».
Art. 5.Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286
01. All'articolo 12, comma 5 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Quando il fatto e' commesso in concorso da due o piu' persone, ovvero riguarda la permanenza di cinque o piu' persone, la pena e' aumentata da un terzo alla meta'".
1. All'articolo 12 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, dopo il comma 5 e' inserito il seguente:«5-bis. Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, chiunque a titolo oneroso, al fine di trarre ingiusto profitto, da' alloggio ad uno straniero, privo di titolo di soggiorno in un immobile di cui abbia disponibilita', ovvero lo cede allo stesso, anche in locazione, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La condanna con provvedimento irrevocabile ovvero l'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, anche se e' stata concessa la sospensione condizionale della pena, comporta la confisca dell'immobile, salvo che appartenga a persona estranea al reato. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni vigenti in materia di gestione e destinazione dei beni confiscati. Le somme di denaro ricavate dalla vendita, ove disposta, dei beni confiscati sono destinate al potenziamento delle attivita' di prevenzione e repressione dei reati in tema di immigrazione clandestina.».
1-bis) all'articolo 13, comma 3, quinto periodo, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, la parola: «quindici» e' sostituita dalla seguente: "sette"».
1-ter. All'articolo 22, comma 12, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, le parole: «con l'arresto da tre mesi ad un anno e con l'ammenda di 5000 euro per ogni lavoratore impiegato» sono sostituite dalle seguenti: «con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa di 5000 euro per ogni lavoratore impiegato.
Art. 6.Modifica del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di attribuzioni del sindaco nelle funzioni di competenza statale
1. L'articolo 54 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e' sostituito dal seguente:«Art. 54 (Attribuzioni del sindaco nelle funzioni di competenza statale). - 1. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, sovrintende:a) all'emanazione degli atti che gli sono attribuiti dalla legge e dai regolamenti in materia di ordine e sicurezza pubblica;b) allo svolgimento delle funzioni affidategli dalla legge in materia di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria;c) alla vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l'ordine pubblico, informandone preventivamente il prefetto. 2. Il sindaco, nell'esercizio delle funzioni di cui al comma 1, concorre ad assicurare anche la cooperazione della polizia locale con le Forze di polizia statali, nell'ambito delle direttive di coordinamento impartite dal Ministro dell'interno-Autorita' nazionale di pubblica sicurezza.
3. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, sovrintende, altresi', alla tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e agli adempimenti demandatigli dalle leggi in materia elettorale, di leva militare e di statistica.
4. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumita' pubblica e la sicurezza urbana. I provvedimenti di cui al presente comma sono preventivamente comunicati al prefetto anche ai fini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione.
4-bis. Con decreto del Ministro dell'interno e' disciplinato l'ambito di applicazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 4 anche con riferimento alle definizioni relative alla incolumita' pubblica e alla sicurezza urbana.
5. Qualora i provvedimenti adottati dai sindaci ai sensi dei commi 1 e 4 comportino conseguenze sull'ordinata convivenza delle popolazioni dei comuni contigui o limitrofi, il prefetto indice un'apposita conferenza alla quale prendono parte i sindaci interessati, il presidente della provincia e, qualora ritenuto opportuno, soggetti pubblici e privati dell'ambito territoriale interessato dall'intervento.
5-bis. Il Sindaco segnala alle competenti autorita', giudiziaria o di pubblica sicurezza, la condizione irregolare dello straniero o del cittadino appartenente ad uno Stato membro dell'Unione europea, per la eventuale adozione di provvedimenti di espulsione o di allontanamento dal territorio dello Stato.
6. In casi di emergenza, connessi con il traffico o con l'inquinamento atmosferico o acustico, ovvero quando a causa di circostanze straordinarie si verifichino particolari necessita' dell'utenza o per motivi di sicurezza urbana, il sindaco puo' modificare gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonche', d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, adottando i provvedimenti di cui al comma 4.
7. Se l'ordinanza adottata ai sensi del comma 4 e' rivolta a persone determinate e queste non ottemperano all'ordine impartito, il sindaco puo' provvedere d'ufficio a spese degli interessati, senza pregiudizio dell'azione penale per i reati in cui siano incorsi.
8. Chi sostituisce il sindaco esercita anche le funzioni di cui al presente articolo.
9. Nell'ambito delle funzioni di cui al presente articolo, il prefetto puo' disporre ispezioni per accertare il regolare svolgimento dei compiti affidati, nonche' per l'acquisizione di dati e notizie interessanti altri servizi di carattere generale.
10. Nelle materie previste dai commi 1 e 3, nonche' dall'articolo 14, il sindaco, previa comunicazione al prefetto, puo' delegare l'esercizio delle funzioni ivi indicate al presidente del consiglio circoscrizionale; ove non siano costituiti gli organi di decentramento comunale, il sindaco puo' conferire la delega a un consigliere comunale per l'esercizio delle funzioni nei quartieri e nelle frazioni.
11. Nelle fattispecie di cui ai commi 1, 3 e 4, nel caso di inerzia del sindaco o del suo delegato nell'esercizio delle funzioni previste dal comma 10, il prefetto puo' intervenire con proprio provvedimento.
12. Il Ministro dell'interno puo' adottare atti di indirizzo per l'esercizio delle funzioni previste dal presente articolo da parte del sindaco.
Art. 6-bis.Modifiche all'articolo 16, comma 2, della legge 24 novembre 1981, n. 689
1. Il secondo comma dell'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e' sostituito dal seguente:«Per le violazioni ai regolamenti ed alle ordinanze comunali e provinciali, la Giunta comunale o provinciale, all'interno del limite edittale minimo e massimo della sanzione prevista, puo' stabilire un diverso importo del pagamento in misura ridotta, in deroga alle disposizioni del primo comma».
Art. 7.Collaborazione della polizia municipale e provinciale nell'ambito dei piani coordinati di controllo del territorio
1. I piani coordinati di controllo del territorio di cui al comma 1 dell'articolo 17 della legge 26 marzo 2001, n. 128, che possono realizzarsi anche per specifiche esigenze dei comuni diversi da quelli dei maggiori centri urbani, determinano i rapporti di reciproca collaborazione fra i contingenti di personale della polizia municipale e provinciale e gli organi di Polizia dello Stato.
2. Con decreto da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro della difesa, determina le procedure da osservare per assicurare, nel corso dello svolgimento di tali piani coordinati di controllo del territorio, le modalita' di raccordo operativo tra la polizia municipale, la polizia provinciale e gli organi di Polizia dello Stato».
Art. 7-bis.Concorso delle Forze armate nel controllo del territorio
1. Per specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalita', ove risulti opportuno un accresciuto controllo del territorio, puo' essere autorizzato un piano di impiego di un contingente di personale militare appartenente alle Forze armate, preferibilmente carabinieri impiegati in compiti militari o comunque volontari delle stesse Forze armate specificatamente addestrati per i compiti da svolgere. Detto personale e' posto a disposizione dei prefetti delle province comprendenti aree metropolitane e comunque aree densamente popolate, ai sensi dell'articolo 13 della legge 1° aprile 1981, n. 121, per servizi di vigilanza a siti e obiettivi sensibili, nonche' di perlustrazione e pattuglia in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia. Il piano puo' essere autorizzato per un periodo di sei mesi, rinnovabile per una volta, per un contingente non superiore a 3.000 unita'.
2. Il piano di impiego del personale delle Forze armate di cui al comma 1 e' adottato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa, sentito il Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica integrato dal Capo di stato maggiore della difesa e previa informazione al Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Ministro dell'interno riferisce in proposito alle competenti Commissioni parlamentari.
3. Nell'esecuzione dei servizi di cui al comma l, il personale delle Forze armate non appartenente all'Arma dei carabinieri agisce con le funzioni di agente di pubblica sicurezza e puo' procedere alla identificazione e alla immediata perquisizione sul posto di persone e mezzi di trasporto a norma dell'articolo 4 della legge 22 maggio 1975, n. 152, anche al fine di prevenire o impedire comportamenti che possono mettere in pericolo l'incolumita' di persone o la sicurezza dei luoghi vigilati, con esclusione delle funzioni di polizia giudiziaria. Ai fini di identificazione, per completare gli accertamenti e per procedere a tutti gli atti di polizia giudiziaria, il personale delle Forze armate accompagna le persone indicate presso i piu' vicini uffici o comandi della Polizia di Stato o dell'Arma dei carabinieri. Nei confronti delle persone accompagnate si applicano le disposizioni dell'articolo 349 del codice di procedura penale.
4. Agli oneri derivanti dall'attuazione del decreto di cui al comma 2, stabiliti entro il limite di spesa di 31,2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, comprendenti le spese per il trasferimento e l'impiego del personale e dei mezzi e la corresponsione dei compensi per lavoro straordinario e di un'indennita' onnicomprensiva determinata ai sensi dell'articolo 20 della legge 26 marzo 2001, n. 128, e comunque non superiore al trattamento economico accessorio previsto per le Forze di polizia, individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell'interno e della difesa, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del programma «Fondi di riserva speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando: quanto a 4 milioni di euro per l'anno 2008 e a 16 milioni di euro per l'anno 2009, l'accantonamento relativo al Ministero dell'economia e delle finanze; quanto a 9 milioni di euro per l'anno 2008 e a 8 milioni di euro per l'anno 2009, l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia; quanto a 18,2 milioni di euro per l'anno 2008 e a 7,2 milioni di euro per l'anno 2009, l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.
5. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio».
Art. 8.Accesso della polizia municipale al Centro elaborazione dati del Ministero dell'interno
1. All'articolo 16-quater del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n. 68, sono apportate le seguenti modificazioni:a) al comma 1, le parole: «schedario dei veicoli rubati operante» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti:«schedario dei veicoli rubati e allo schedario dei documenti d'identita' rubati o smarriti operanti presso il Centro elaborazione dati di cui all'articolo 8 della predetta legge n. 121. Il personale della polizia municipale in possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza puo' altresi' accedere alle informazioni concernenti i permessi di soggiorno rilasciati e rinnovati, in relazione a quanto previsto dall'articolo 54, comma 5-bis, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni»;b) dopo il comma 1 e' inserito il seguente:«1-bis. Il personale di cui al comma 1 addetto ai servizi di polizia stradale ed in possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza puo' essere, altresi', abilitato all'inserimento, presso il Centro elaborazione dati ivi indicato, dei dati relativi ai veicoli rubati e ai documenti rubati o smarriti, di cui al comma 1, acquisiti autonomamente.».
1-bis. I collegamenti, anche a mezzo della rete informativa telematica dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), per l'accesso allo schedario dei documenti d'identita' rubati o smarriti, nonche' alle informazioni concernenti i permessi di soggiorno di cui al comma 1, sono effettuati con le modalita' stabilite con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'ANCI.
Art. 8-bis.Accesso degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria appartenenti al Corpo delle capitanerie di porto al Centro elaborazione dati del Ministero dell'interno
1. Gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria appartenenti al Corpo delle capitanerie di porto, per finalita' di sicurezza portuale e dei trasporti marittimi, possono accedere ai dati e alle informazioni del Centro elaborazione dati di cui al primo comma dell'articolo 9 della legge 1° aprile 1981, n. 121, in deroga a quanto previsto dallo stesso articolo, limitatamente a quelli correlati alle funzioni attribuite agli stessi ufficiali e agenti di polizia giudiziaria. Detto personale puo' essere, altresi', abilitato all'inserimento presso il medesimo Centro dei corrispondenti dati autonomamente acquisiti.
2. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sono individuati i dati e le informazioni di cui al comma 1 e sono stabilite le modalita' per effettuare i collegamenti per il relativo accesso.
3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto sono apportate le occorrenti modificazioni al regolamento, previsto dall'articolo 11, primo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1982, n. 378.
Art. 9.Centri di identificazione ed espulsione
1. Le parole: «centro di permanenza temporanea» ovvero: «centro di permanenza temporanea ed assistenza» sono sostituite, in generale, in tutte le disposizioni di legge o di regolamento, dalle seguenti: «centro di identificazione ed espulsione» quale nuova denominazione delle medesime strutture.
Art. 10.Modifiche alla legge 31 maggio 1965, n. 575
1. Alla legge 31 maggio 1965, n. 575 sono apportate le seguenti modificazioni:a) all'articolo 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «nonche' ai soggetti indiziati di uno dei reati previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale»;b) l'articolo 2 e' sostituito dal seguente:«Art. 2. - 1. Nei confronti delle persone indicate all'articolo 1 possono essere proposte dal procuratore nazionale antimafia, dal procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo di distretto ove dimora la persona, dal questore o dal direttore della Direzione investigativa antimafia, anche se non vi e' stato il preventivo avviso, le misure di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e dell'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale, di cui al primo e al terzo comma dell'articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni.
2. Quando non vi e' stato il preventivo avviso e la persona risulti definitivamente condannata per un delitto non colposo, con la notificazione della proposta il questore puo' imporre all'interessato sottoposto alla misura della sorveglianza speciale il divieto di cui all'articolo 4, quarto comma, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423. Si applicano le disposizioni dei commi quarto, ultimo periodo, e quinto del medesimo articolo 4.
3. Nelle udienze relative ai procedimenti per l'applicazione delle misure di prevenzione richieste ai sensi della presente legge, le funzioni di pubblico ministero sono esercitate dal procuratore della Repubblica di cui al comma 1»;c) all'articolo 2-bis:1) al comma 1, dopo le parole: «Il procuratore della Repubblica» sono inserite le seguenti: «, il direttore della Direzione investigativa antimafia»;2) dopo il comma 6 e' aggiunto il seguente:«6-bis. Le misure di prevenzione personali e patrimoniali possono essere richieste e applicate disgiuntamente. Le misure patrimoniali possono essere disposte anche in caso di morte del soggetto proposto per la loro applicazione. Nel caso la morte sopraggiunga nel corso del procedimento esso prosegue nei confronti degli eredi o comunque degli aventi causa»;d) all'articolo 2-ter:«1) al secondo comma, dopo le parole: "A richiesta del procuratore della Repubblica," sono inserite le seguenti: "del direttore della Direzione investigativa antimafia,";2) il primo periodo del terzo comma e' sostituito dal seguente: "Con l'applicazione della misura di prevenzione il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati di cui la persona, nei cui confronti e' instaurato il procedimento, non possa giustificare la legittima provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulti essere titolare o avere la disponibilita' a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attivita' economica, nonche' dei beni che risultino essere frutto di attivita' illecite o ne costituiscano il reimpiego";3) al sesto e al settimo comma, dopo le parole: "del procuratore della Repubblica," sono inserite le seguenti: "del direttore della Direzione investigativa antimafia,";4) sono aggiunti in fine i seguenti commi:"Se la persona nei cui confronti e' proposta la misura di prevenzione disperde, distrae, occulta o svaluta i beni al fine di eludere l'esecuzione dei provvedimenti di sequestro o di confisca su di essi, il sequestro e la confisca hanno ad oggetto denaro o altri beni di valore equivalente. Analogamente si procede quando i beni non possano essere confiscati in quanto trasferiti legittimamente, prima dell'esecuzione del sequestro, a terzi in buona fede.La confisca puo' essere proposta, in caso di morte del soggetto nei confronti del quale potrebbe essere disposta, nei riguardi dei successori a titolo universale o particolare, entro il termine di cinque anni dal decesso.Quando risulti che beni confiscati con provvedimento definitivo dopo l'assegnazione o la destinazione siano rientrati, anche per interposta persona, nella disponibilita' o sotto il controllo del soggetto sottoposto al provvedimento di confisca, si puo' disporre la revoca dell'assegnazione o della destinazione da parte dello stesso organo che ha disposto il relativo provvedimento.Quando accerta che taluni beni sono stati fittiziamente intestati o trasferiti a terzi, con la sentenza che dispone la confisca il giudice dichiara la nullita' dei relativi atti di disposizione.Ai fini di cui al comma precedente, fino a prova contraria si presumono fittizi:a) i trasferimenti e le intestazioni, anche a titolo oneroso, effettuati nei due anni antecedenti la proposta della misura di prevenzione nei confronti dell'ascendente, del discendente, del coniuge o della persona stabilmente convivente, nonche' dei parenti entro il sesto grado e degli affini entro il quarto grado;b) i trasferimenti e le intestazioni, a titolo gratuito o fiduciario, effettuati nei due anni antecedenti la proposta della misura di prevenzione";e) all'articolo 3-bis, settimo comma, dopo le parole: "su richiesta del procuratore della Repubblica" sono inserite le seguenti: ", del direttore della Direzione investigativa antimafia";f) all'articolo 3-quater, ai commi 1 e 5, dopo le parole: "il procuratore della Repubblica" sono inserite le seguenti: "presso il tribunale del capoluogo del distretto, il direttore della Direzione investigativa antimafia";g) all'articolo 10-quater, secondo comma, dopo le parole: "su richiesta del procuratore della Repubblica" sono inserite le seguenti: ", del direttore della Direzione investigativa antimafia"».
Art. 10-bis.Modifiche al decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356
1. All'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, dopo il comma 2-bis, sono inseriti i seguenti:«2-ter. Nel caso previsto dal comma 2, quando non e' possibile procedere alla confisca in applicazione dellle disposizioni ivi richiamate, il giudice ordina la confisca delle somme di denaro, dei beni e delle altre utilita' delle quali il reo ha la disponibilita', anche per interposta persona, per un valore equivalente al prodotto, profitto o prezzo del reato.
2-quater. Le disposizioni del comma 2-bis si applicano anche nel caso di condanna e di applicazione della pena su richiesta a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per taluno dei delitti previsti dagli articoli 629, 630 e 648, esclusa la fattispecie di cui al secondo comma, 648-bis e 648-ter del codice penale, nonche' dall'articolo 12-quinquies del presente decreto e dagli articoli 73, esclusa la fattispecie di cui al comma 5, e 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.».
Art. 11.Modifiche alla legge 22 maggio 1975, n. 152
1. Alla legge 22 maggio 1975, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:a) all'articolo 18, quarto comma, le parole: «, anche in deroga all'articolo 14 della legge 19 marzo 1990, n. 55,» sono soppresse;b) all'articolo 19, primo comma, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Nei casi previsti dal presente comma, le funzioni e le competenze spettanti, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, al procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto sono attribuite al procuratore della Repubblica presso il tribunale nel cui circondario dimora la persona. Nelle udienze relative ai procedimenti per l'applicazione delle misure di prevenzione di cui al presente comma, le funzioni di pubblico ministero possono essere esercitate anche dal procuratore della Repubblica presso il tribunale competente».
Art. 11-bis.Modifiche alla legge 3 agosto 1988, n. 327
1. All'articolo 15 della legge 3 agosto 1988, n. 327, dopo il comma 3 e' aggiunto il seguente:«3-bis Quando e' stata applicata una misura di prevenzione personale nei confronti dei soggetti di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, la riabilitazione puo' essere richiesta dopo cinque anni dalla cessazione della misura di prevenzione personale. La riabilitazione comporta, altresi', la cessazione dei divieti previsti dall'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575».
Art. 11-ter.Abrogazione
1. L'articolo 14 della legge 19 marzo 1990, n. 55, e' abrogato.
Art. 12.Modifiche al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12
1. Dopo l'articolo 110-bis del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e' inserito il seguente:«Art. 110-ter (Applicazione di magistrati in materia di misure di prevenzione). - 1. Il procuratore nazionale antimafia puo' disporre, nell'ambito dei poteri attribuitigli dall'articolo 371-bis del codice di procedura penale e sentito il competente procuratore distrettuale, l'applicazione temporanea di magistrati della Direzione nazionale antimafia alle procure distrettuali per la trattazione di singoli procedimenti di prevenzione patrimoniale. Si applica, in quanto compatibile, l'articolo 110-bis.
2. Se ne fa richiesta il procuratore distrettuale, il Procuratore generale presso la corte d'appello puo', per giustificati motivi, disporre che le funzioni di pubblico ministero per la trattazione delle misure di prevenzione siano esercitate da un magistrato designato dal Procuratore della Repubblica presso il giudice competente.».
Art. 12-bis.Modifiche alla legge 18 marzo 2008, n. 48
1. All'articolo 11 della legge 18 marzo 2008, n. 48, dopo il comma 1 e' aggiunto il seguente:«1-bis. Le disposizioni di cui al comma 3-quinquies dell'articolo 51 del codice di procedura penale, introdotto dal comma 1 del presente articolo, si applicano solo ai procedimenti iscritti nel registro di cui all'articolo 335 del codice di procedura penale successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge».
Art. 12-ter.Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115
1. Al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono apportate le seguenti modificazioni:a) all'articolo 76, dopo il comma 4 e' aggiunto il seguente:«4-bis. Per i soggetti gia' condannati con sentenza definitiva per i reati di cui agli articoli 416-bis del codice penale, 291-quater del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'articolo 80, e 74, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonche' per i reati commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attivita' delle associazioni previste dallo stesso articolo, ai soli fini del presente decreto, il reddito si ritiene superiore ai limiti previsti»;b) all'articolo 93, il comma 2 e' abrogato;c) all'articolo 96, comma 1, le parole: «, ovvero immediatamente, se la stessa e' presentata in udienza a pena di nullita' assoluta ai sensi dell'articolo 179, comma 2, del codice di procedura penale,» sono soppresse;d) all'articolo 96, comma 2, dopo le parole: «tenuto conto» sono inserite le seguenti: «delle risultanze del casellario giudiziale,».
Art. 12-quater.Modifiche all'articolo 25 delle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448.
1. All'articolo 25 delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, dopo il comma 2-bis e' aggiunto il seguente:«2-ter. Il pubblico ministero non puo' procedere al giudizio direttissimo o richiedere il giudizio immediato nei casi in cui cio' pregiudichi gravemente le esigenze educative del minore.».
Art. 13.Entrata in vigore
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sara' presentato alle Camere per la conversione in legge.

lunedì 4 agosto 2008

ISTAT: Il divorzio è consensuale nel 77,6% dei casi - e le donne prendono l'iniziativa


Sono soprattutto le donne a prendere l'iniziativa e, anche se molto raramente si affronta senza avvocato, la gran parte dei divorzi e delle separazioni avviene consensualmente. A fotografare de tendenze dell' ''l'instabilita' coniugale'' l'Istat che in un volume offre un approfondimento tematico sul fenomeno della rottura del matrimonio ufficializzata attraverso la separazione legale o il divorzio.
La maggior parte dei procedimenti di separazione legale o divorzio, rileva l'Istituto di statistica, avviene consensualmente, rispettivamente nell'85,5 e nel 77,6 per cento dei casi.
La quota piu' elevata di procedimenti giudiziali che si osserva nei divorzi (nel 2005 il 22,4 per cento contro il 14,5 per cento riferito alle separazioni) puo' essere spiegata da un atteggiamento dei coniugi meno conciliante ed incline a situazioni di compromesso dovuto all'eta' piu' elevata dei figli, alle eventuali nuove realta' di vita nonche' all'esigenza di regolare definitivamente eventuali situazioni rimaste in sospeso al momento della separazione.
La quota di procedimenti giudiziali, rileva ancora l'Istat, aumenta all'aumentare della durata del matrimonio, mentre quella dei procedimenti consensuali e' maggiore per gli eventi che provengono da matrimoni piu' recenti.
Maggiore e' la durata del matrimonio, piu' alta e' la probabilita' che i rapporti affettivi e gli interessi patrimoniali ed economici tra i coniugi siano piu' complessi e difficili da regolare. L'instabilita' coniugale riferita a matrimoni di breve durata coinvolge piu' facilmente coniugi piu' giovani, piu' istruiti ed economicamente indipendenti; tutti fattori, questi ultimi, che possono essere inseriti fra quelli che concorrono a favore di una gestione piu' pacifica della crisi coniugale.
I dati del biennio 2004-2005 mostrano, inoltre, prosegue l'Istat che le separazioni con almeno un coniuge alle seconde nozze si dimostrano meno conflittuali rispetto quelle di coniugi entrambi al primo matrimonio.
La quota di procedimenti giudiziali scende infatti nel primo caso al 9,4% del totale rispetto al 14% riscontrato nelle separazioni in cui entrambi i coniugi dichiarano lo stato civile di celibe o nubile. Nelle separazioni di coppie miste, che sono una realta' in crescita nel nostro paese, si osserva, invece, una conflittualita' maggiore (la quota di cause giudiziali nel 2005 e' pari a circa il 17 per cento dei casi) rispetto a quella riscontrata nelle separazioni di coniugi entrambi italiani (14,2 per cento).
Le coppie miste, inoltre, vanno incontro alla separazione piu' precocemente delle altre. La durata media dell'unione coniugale alla richiesta di separazione e' pari a otto anni nelle coppie miste formate da un cittadino italiano e da uno straniero, contro i 14 riscontrati nelle separazioni di coniugi entrambi cittadini italiani per nascita.
I matrimoni fra un cittadino italiano per nascita e l'altro con cittadinanza italiana acquisita durano mediamente 11 anni.
Per quanto riguarda il ricorso all'assistenza legale, sono pochi i coniugi italiani che affrontano la separazione o il divorzio senza essere assistiti da un legale (rispettivamente il 23,3 e il 19,4 per cento). Anche nelle separazioni consensuali, che presuppongono l'accordo dei coniugi e si caratterizzano per la maggiore semplicita' del procedimento, circa un quarto dei coniugi non solo non rinuncia all'assistenza di un legale, ma dichiara di averne uno personale.
Sulle scelte della coppia relative all'assistenza legale possono incidere anche le diverse prassi e consuetudini che, spesso anche a causa della genericita' delle normative, contraddistinguono i 165 tribunali italiani.
La presenza di figli da affidare spinge i coniugi ad una maggiore cautela nell'affrontare i procedimenti giudiziari, che si riflette nell'aumento del ricorso della coppia all'assistenza legale e, in particolare, in un aumento dei casi in cui entrambi i coniugi scelgono di farsi rappresentare da un avvocato scelto individualmente, anche a tutela di aspettative e richieste sull'affidamento in conflitto tra i genitori.
Per quanto riguarda l'iniziativa del procedimento, i dati del 2005 confermano che a intraprendere piu' frequentemente l'iniziativa della separazione sono le mogli (71,7 per cento dei casi aperti in modo contenzioso), mentre i mariti attivano nella maggioranza dei casi il procedimento di divorzio (56,3 per cento dei casi aperti giudizialmente).
Tuttavia, la differenza tra le domande di divorzio attivate dal marito e quelle attivate dalla moglie e' progressivamente diminuita nell'ultimo decennio, anche a seguito dei cambiamenti socioculturali e dell'aumentata autonomia ed indipendenza della donna. In generale nelle separazioni la quota di procedimenti chiusi consensualmente o con rito giudiziale sostanzialmente non cambia in presenza o meno di figli affidati.
Nei divorzi nei quali il ricorso al rito giudiziale e' comunque piu' alto di quello osservato nelle separazioni in presenza di figli affidati la quota di procedimenti chiusi con rito ordinario aumenta di oltre tre punti percentuali rispetto ai casi senza affidamento dei figli (24,2 per cento contro il 20,9 per cento).
L'aumento della conflittualita' registrato nei divorzi con figli minori e' imputabile ai casi di affidamento esclusivo, in particolare a quelli di affidamento al padre, nei quali la quota di procedimenti chiusi con rito ordinario sale fino al 30,4 per cento.
In assenza di figli affidati la quota di domande di separazione presentate dal marito aumenta, attestandosi al 31,6 per cento del totale contro il 21 per cento in caso di presenza di figli affidati.
Analoghe considerazioni valgono rispetto ai divorzi. La presenza di figli oggetto di affidamento sembra frenare l'iniziativa dei mariti, a meno che questi non agiscano per risultare poi affidatari dei minori. In questo caso la quota di domande attivate dal marito sale al 47 e al 72,2 per cento, rispettivamente nelle separazioni e nei divorzi con figli affidati al padre.
La quota di domande presentate dalla moglie e' invece maggiore, sia nelle separazioni che nei divorzi, in presenza di figli affidati rispetto ai casi di assenza di figli oggetto di affidamento. Non tutti i coniugi che si separano legalmente, avverte l'Istat, arrivano al divorzio.
Su dieci separazioni pronunciate in Italia nel 1995, circa quattro non sono proseguite verso il divorzio nel decennio successivo, senza che cio' portasse necessariamente ad una ricomposizione dell'unione coniugale
Se, pero', si decide di passare dallo stato di separato a quello di divorziato, nella maggior parte dei casi lo si fa nei tempi minimi previsti dalla legge: nel 47,5 per cento dei divorzi concessi nel 2005 l'intervallo di tempo intercorso tra la separazione legale e la successiva domanda di divorzio e' stato di tre anni, e di quattro anni nel 16,3 per cento dei casi; le percentuali poi diminuiscono man mano che l'intervallo diviene piu' lungo.
La tendenza a ricorrere alla separazione o al divorzio, rileva ancora l'Istituto di statistica, non e' uniforme sul territorio nazionale: nel 2005 al Nord si rilevano 6,2 separazioni e 4,0 divorzi ogni mille coppie coniugate contro 4,2 separazioni e 1,8 divorzi nel Mezzogiorno. L'Italia e' un paese dove permangono difformita' a livello regionale sia di comportamenti e di sistemi di valori, che di condizioni socio-economiche.
Il fenomeno dell'instabilita' coniugale non fa eccezione; e' sempre stata piu' diffusa nell'Italia settentrionale e centrale rispetto al Mezzogiorno: era cosi' nel 1970, ed e' cosi' nel 2005.
Nel corso degli ultimi 35 anni, la curva e' salita, a livello assoluto, piu' rapidamente al Nord e al Centro piuttosto che nel Meridione: l'incremento medio tra le annate e' rispettivamente 5,5, 5,3 e 2,9. Le spiegazioni per le differenze regionali nel nostro Paese possono essere molteplici.
La piu' importante e' relativa ai diversi tassi di occupazione femminile, che influenzano la diffusione dell'instabilita' coniugale. Un'altra motivazione puo' essere legata ai diversi livelli di partecipazione religiosa. Nel Mezzogiorno, inoltre, tende ad essere diffuso un sistema maggiormente tradizionale di relazioni familiari in cui l'indissolubilita' del matrimonio e la struttura gerarchica della famiglia hanno ancora un certo peso rispetto al resto dell'Italia.
Per quanto riguarda il titolo di studio, spiega l'Istat, all'inizio degli anni ottanta la separazione era maggiormente diffusa nella popolazione laureata; invece, nel biennio 2004-2005 il quoziente di separazione piu' alto e' quello degli individui con un diploma di scuola media superiore.
Si puo' notare che il quoziente relativo ai laureati e' rimasto stabile per un quindicennio ed ha iniziato a salire solo negli ultimi dieci anni.
Tra gli individui con licenza di scuola media inferiore il quoziente di separazione resta minore che tra i laureati, anche se negli ultimi venticinque anni la differenza si e' ridotta.
La diffusione della separazione tra gli individui con licenza elementare o privi di titolo di studio era modesta venticinque anni fa e lo rimane ancora oggi: tra le donne non si registrano mutamenti di rilievo nell'arco temporale in esame, mentre tra gli uomini vi e' solo una leggera crescita.
La diversa incidenza dei casi di separazione secondo l'istruzione puo' essere osservata anche analizzando la combinazione dei titoli di studio dei coniugi. Il quoziente di separazione e' maggiore nelle coppie in cui la moglie e' piu' istruita del marito, decresce se i coniugi hanno lo stesso titolo di studio ed e' piu' basso in assoluto nel caso sia il marito ad essere piu' istruito della moglie.
Relativamente alla condizione professionale, l'indicatore piu' adatto per analizzare la diversa incidenza della separazione legale secondo tale caratteristica e' il quoziente di separazione specifico per condizione professionale dei coniugi.
Tale indicatore segnala che, all'interno di coppie nelle quali almeno uno dei coniugi e' privo di un impiego, il quoziente di separazione e' nettamente piu' alto che nelle coppie in cui sia il marito che la moglie lavorano. Dunque, sembra che nel nostro Paese, almeno in tempi recenti, l'instabilita' coniugale sia proporzionalmente piu' diffusa tra coloro che sperimentano situazioni di disoccupazione.
L'incidenza della separazione e' piu' elevata in assoluto nelle coppie in cui entrambi i coniugi sono disoccupati, e nelle coppie in cui la moglie lavora e il marito risulta privo di un impiego.
Quest'ultimo dato, per certi versi, conferma quanto emerso tramite il quoziente di separazione per combinazione di istruzione dei coniugi: l'incidenza della separazione e' maggiore nelle coppie in cui i ruoli e le gerarchie ''deviano'' da una divisione di genere in cui il marito ha il ruolo di principale (o unico) percettore di reddito.
Nelle coppie in cui la moglie si dedica al lavoro familiare il quoziente di separazione e' poco meno della meta' rispetto alle coppie in cui entrambi i coniugi sono occupati nel mercato del lavoro.
Il dato non e' troppo diverso sia che il marito sia occupato, sia che stia cercando un impiego.
L'incidenza piu' bassa dell'evento separazione si registra se entrambi i coniugi sono ritirati dal lavoro.
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