martedì 3 novembre 2009

La Corte di Strasburgo dice No al crocifisso, ma l'Italia farà ricorso


La vicenda relativa all'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche - sulla quale è arrivato oggi il no all'Italia da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo - risale al 2002 ed ha avuto un lungo iter giudiziario.
IL FATTO - Il 27 maggio 2002 il Consiglio di Istituto della scuola Vittorino da Feltre di Abano Terme (Padova) respinge il ricorso della famiglia di due alunne e decide che possono essere lasciati esposti negli ambienti scolastici i simboli religiosi, ed in particolare il crocifisso, unico simbolo esposto.
IL RICORSO - La decisione del Consiglio di Istituto viene impugnata dalla madre delle due alunne davanti al Tar per il Veneto. Nel ricorso si sostiene che la decisione del Consiglio di Istituto sarebbe stata presa in violazione del principio di laicità dello Stato, che impedirebbe l'esposizione del crocifisso e di altri simboli religiosi nelle aule scolastiche, perché violerebbe la "parità che deve essere garantita a tutte le religioni e a tutte le credenze, anche a-religiose".
LA POSIZIONE DEL MINISTERO - Il Ministero dell'Istruzione, costituitosi nel giudizio, sottolinea che l'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche è prevista da disposizioni regolamentari contenute in due regi decreti: uno del 1924, n. 965; l'altro del 1928, n. 1297 Tali norme, per quanto lontane nel tempo, sarebbero tuttora in vigore, come confermato dal parere reso dal Consiglio di Stato (n. 63/88).
LA PRIMA DECISIONE DEL TAR, ATTI ALLA CONSULTA - Il Tar compie un approfondito esame delle norme regolamentari sull'esposizione del crocifisso a scuola e conclude che esse sono tuttora in vigore. Estende, tuttavia, l'esame alla valutazione di altri profili della vicenda e rimette gli atti alla Corte costituzionale. La norma che prescrive l'obbligo di esposizione del crocifisso - scrivono i giudici - sembra delineare "una disciplina di favore per la religione cristiana, rispetto alle altre confessioni, attribuendole una posizione di privilegio", che apparirebbe in contrasto con il principio di laicità dello Stato.
LA CORTE COSTITUZIONALE, RICORSO INAMMISSIBILE - La consulta dichiara inammissibile il ricorso: le norme sull'esposizione del crocifisso a scuola sono "norme regolamentari", prive "di forza di legge" e su di esse "non può essere invocato un sindacato di legittimità costituzionale, né, conseguentemente, un intervento interpretativo" della Corte. Gli atti tornano al Tar per la decisione sul ricorso.
SECONDA DECISIONE TAR, CROCE NON CONTRASTA CON LAICITA' - Il crocifisso, "inteso come simbolo di una particolare storia, cultura ed identità nazionale (...), oltre che espressione di alcuni principi laici della comunità (...), può essere legittimamente collocato nelle aule della scuola pubblica, in quanto non solo non contrastante ma addirittura affermativo e confermativo del principio della laicità dello Stato repubblicano". Si conclude con queste parole la sentenza (n. 1110 del 22 marzo 2005) con la quale il Tar rigetta il ricorso della madre della due alunne di Abano Terme
IL CONSIGLIO DI STATO, CROCIFISSO HA FUNZIONE EDUCATIVA - Il Consiglio di Stato chiude la parte italiana della vicenda, con il rigetto definitivo del ricorso della madre delle due alunne. Il crocifisso - scrivono i giudici - non va rimosso dalle aule scolastiche perché ha "una funzione simbolica altamente educativa, a prescindere dalla religione professata dagli alunni"; non è né una "suppellettile", né solo "un oggetto di culto", ma un simbolo "idoneo ad esprimere l'elevato fondamento dei valori civili" - tolleranza, rispetto reciproco, valorizzazione della persona, affermazione dei suoi diritti, riguardo alla sua libertà, autonomia della coscienza morale nei confronti dell'autorità, solidarietà umana, rifiuto di ogni discriminazione - che hanno un'origine religiosa, ma "che sono poi i valori che delineano la laicità nell'attuale ordinamento dello Stato".
CONSIDERAZIONI
In attesa di conoscere le motivazioni della Corte di Strasburgo, non ci si può esimere, in prima facie di constatare il tentativo di usare il diritto come grimaldello per scardinare la Fede dalla vita pubblica non solo italiana ma europea. Trattasi dunque di sentenza politica che non ha tenuto minimamente conto della pronuncia del Consiglio di Stato italiano, favorevole all'esposizione del crocifisso nelle scuole!
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